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giovedì 19 aprile 2007

Angeli nel cinema


Al cinema gli angeli sono stati per la maggior parte delle volte rappresentati nel contesto di commedie leggere: la più celebre di queste pellicole è indubbiamente il film La vita è meravigliosa (1946) Frank Capra. Narra la vicenda di un angelo di "seconda classe" che, per guadagnarsi le ali e la qualifica di di "prima classe", deve scendere sulla Terra e compiere un’azione degna di nota.
Ma il cinema si è occupato degli angeli sin dai primi tempi del sonoro, come dimostra per esempio la pellicola La leggenda di Liliom (1934) di Fritz Lang, che ha avuto anche uno spettacolare rifacimento americano nel 1956 sotto forma di musical con il titolo Carousel (regia di Herny King). E per restare nell’ambito dei film musicali, ricordiamo che altre pellicole dove appaiono gli angeli sono Jolanda e il re della samba (1945), Due cuori in cielo (1942) e Uno straniero tra gli angeli (1955), tutti e tre diretti da Vincent Minnelli; l’ultimo di questi tre film, tra l’altro, è il rifacimento di una fortunata produzione precedente, Kismet, firmata dalla coppia Dillon-Dieterle. Altri film - quasi tutti di produzione americana - imperniati sugli angeli in Terra sono Un angelo è sceso a Brooklyn (1945) di Leslie Goodwins, L’infernale avventura (1946) di Archie Mayo (rifatto poi nel 1980 come Angel on my shoulder da John Berry), The angel who pawned her harp (1956) di Alan Bromly, Angels in the outfield (1951) di Clarence Brown, Heaven only knows (1947), The heavenly kid (1985), Bellezze in cielo (1947) di Alexander Hall, The angel Levine (1970) di Jan Kadar e Al di là del domani (1940) di Edward Sutherland con Richard Carlson. Italiani sono invece i film Miracolo a Milano (9151) di Vittorio de Sica e L’angelo custode (1968) di Giuliano Tomei, mentre in Inghilterra è stato realizzato nel 1946 La scala del paradiso, poetica e commovente fiaba sui piloti dell’ultima guerra girata dalla coppia Powell-Pressburger. Dalla Francia ci giunge invece nel 1967 il film Angelica ragazza jet (per la regia di Geza Radvanyl), nel quale l’angelo che aiuta Jean Paul Belmondo è interpretato dalla bellissima attrice austriaca Romy Schneider.
Tra le piccole più riuscite su questo argomento è poi L’inafferrabile signor Jordan del 1941 (ridistribuito nel nostro Paese anche con il titolo di Mille cadaveri per mister Joe), del quale nel 1978 l’attore Warren Beatty ha realizzato un fortunato rifacimento chiamato Il paradiso può attendere. Molto poetico è anche Joe il pilota del 1943, nel quale Spencer Tracy è un pilota americano che, dopo morto, ritorna come angelo sulla Terra per aiutare la propria fidanzata: di questo commovente film ha effettuato di recente un rifacimento Steven Spielberg intitolandolo Always e affidando la parte dell’emissario celeste all’attrice Audrey Hepburn. In tempi ancora più recenti, Whitney Houston è stata la protagonista del remake di La moglie del vescovo (1947) e John Travolta è invece l’angelo grasso, sporco e trasandato di Michael (1996), privo però dello spirito e della grazia di precedenti pellicole simili, quali Il suo angelo custode (1955) di Alexander Hall.
Un altro angelo che ha affascinato tutto il mondo è quello protagonista della pellicola Il cielo sopra Berlino del regista tedesco Wim Wenders seguito da Così lontano così vicino, dello stesso regista: egli deve agli angeli, in fatto di popolarità, almeno quanto loro devono a lui. E’ stato dopo i suoi due celebratissimi film, usciti ad alcuni anni di distanza l’uno dall’altro ed entrambi incentrati sul rapporto fra gli esseri umani e gli angeli che, da regista di culto, Wenders è diventato noto anche al grande pubblico. Dal canto loro, i messaggeri celesti sono potuti "rientrare" nell’immaginario collettivo, creando un fenomeno che non ha precedenti almeno negli ultimi 300 anni. Ricorda Wenders:
Nell’estate del 1986 decisi di girare un film a Berlino. E iniziai a pensare a quale personaggio avrebbe potuto guidarmi attraverso la mia città, la vera protagonista della storia. Mi serviva qualcuno che potesse portarmi ovunque, in ogni angolo, per mostrarmi tutte le sue facce. Ricordo che vagando per le strade, in quei giorni, mi imbattei in una miriade di figure angeliche. A cominciare dalla grandiosa statua dell’Angelo della Vittoria che svetta sulla colonna in mezzo al giardino zoologico, per finire agli angeli raffigurati sulle facciate di alcune case. Ne trovai tantissimi. Erano una forte presenza. Così mi resi conto che forse era proprio quello il personaggio che cercavo. Un mondo che però non mi apparteneva. Non era da me pensare a cose del genere. Solo quando scrissi la storia e la feci leggere a Peter Handke (il grande scrittore che ha sceneggiato "Il Cielo sopra Berlino") mi accorsi che non si stupì affatto. Quasi che se lo aspettasse. L’angelo per me era soprattutto una metafora, cioè il meglio di noi stessi. Quella parte con la quale a volte riusciamo ad avere un contatto, ma che più spesso ci sfugge. Mi convinsi che ognuno ha un angelo dentro di sé e lo illustrai in una storia poetica. Dopo essermene occupato per anni, mi sono sentito sempre più vicino a questi esseri. Ora li prendo sul serio. Ho imparato a guardarli in senso più religioso, ci credo e li intendo realmente come intermediari tra Dio e gli uomini. Inoltre l’argomento stava altrettanto a cuore al pittore che ha influenzato i miei primi studi d’arte, Paul Klee. Valeva la pena di approfondirlo... I miei film sono soprattutto basati sul modo in cui gli angeli guardano il mondo. Volevo tradurre il loro sguardo, la loro visione delle cose, in termini a noi comprensibili. All’inizio pensai di utilizzare l’alta tecnologia, le riprese d’effetto, ma poi compresi che la chiave stava nel trovare un diverso atteggiamento, più affettuoso verso la realtà. Gli angeli sono più vicini di quanto pensiamo. Ma percepirli è un’altra cosa. Credo che sia davvero una questione di fede, di atteggiamento personale. Oggi la gente è convinta di poter credere soltanto in ciò che vede. Viviamo in una strana epoca in cui siamo circondati quasi esclusivamente da cose create da noi. Tutte immagini di seconda mano, riproduzioni della realtà. Nel mio secondo film l’angelo Cassiel dice: "Gli uomini credono di avere conquistato il mondo. Ma è il mondo che ha conquistato loro". Molti, troppi di noi, hanno dimenticato l’atteggiamento di umiltà rispetto alla creazione. Se si pensa davvero che sia l’uomo l’unico creatore, non rimane molto spazio per alcun tipo di speranza. Né la scienza o la filosofia hanno mai saputo spiegare la vera ragione dell’esistenza. Niente e nessuno c’è riuscito fino ad ora... Un altro aspetto degli angeli che contiene un messaggio fondamentale è il loro rapporto col tempo. Non ne sono certo ossessionati come noi. Per questo non possiamo comprendere neppure lontanamente la dimensione in cui vivono. L’eternità rende ridicoli i nostri affanni di uomini, perciò gli angeli non possono che sorridere nel vedere quanto ci sentiamo importanti.
Ispirato dagli angeli di Wenders (angeli che avvertono attrazione e curiosità verso il mondo terreno fino al punto di rinunciare alla propria condizione e alle "ali"), il regista Brad Silberling ha realizzato il film La città degli angeli (1998). Nicholas Cage interpreta Seth, un angelo che deve decidere se rinunciare alla sua immortalità e diventare uomo nell’eventualità di riuscire a conquistare la donna dei suoi sogni. Questa donna è Maggie (Meg Ryan), di professione chirurgo cardiaco, molto pragmatica e che non crede agli angeli... finché non incontra Seth.
Un angelo particolare è quello interpretato da Brad Pitt nel fim Vi presento Joe Black (1998, remake di una pellicola del 1943) di Martin Brest. William Parrish (interpretato da Anthony Hopkins) è un uomo che ha avuto tutto dalla vita: successo, ricchezza e potere. A pochi giorni dal suo 60° compleanno riceve una visita da un tanto misterioso quanto affascinante personaggio, Joe Black (Brad Pitt) che non tarda a rivelare la propria identità: è l’angelo della morte. William fa un patto con Joe: fargli assaporare il gusto della sua vita lussuosa in cambio di un po’ più di tempo per viverla...
Infine vogliamo ricordare uno spettacolare film del 1999 con Robin Williams, per la regia di Vincent Ward: Al di là dei sogni. Narra dell’amore infinito che unisce Chris (Robin Williams) e sua moglie, la pittrice Annie (Annabella Sciorra). Chris muore in un incidente e raggiunge un paradiso che la sua fantasia ha ambientato in uno dei meravigliosi dipinti di Annie. Chris, non potendo immaginare di vivere senza sua moglie, per raggiungerla si avventura in un fantasmagorico e coloratissimo viaggio guidato da un "angelo" molto particolare (Cuba Gooding Jr.). Una frase del film recita: "Per quelli che credono nell’amore eterno, nessuna spiegazione è necessaria; per quelli che non ci credono, nessuna spiegazione è possibile".

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